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Per le aziende con meno di 50 dipendenti la gestione del T.F.R. dei propri dipendenti è diventata sempre più complessa e quindi vanno valutate attentamente due possibilità:

  1. Gestire autonomamente il T.F.R.
  2. Far valutare ai propri dipendenti le opportunità di trasferirlo alla previdenza complementare.

La seconda possibilità porta dei vantaggi anche all’azienda. Infatti nel caso in cui tutti i dipendenti decidessero di aderire l’azienda beneficerebbe di alcuni meccanismi compensativi che elenco qui sotto:

Il legislatore ha previsto una serie di benefici fiscali e contributivi per le aziende, volti a compensare il versamento del TFR ai fondi di previdenza complementare che costituisce una fonte di liquidità importante. Si è così cercato di coinvolgere anche i datori di lavoro nello sviluppo della previdenza complementare a favore dei propri dipendenti.

L’art. 10 del D.Lgs. 252/2005 prevede le seguenti misure di compensazione: > deduzione dal reddito d’impresa pari al 4% (6% per le azienda fino a 50 dipendenti) dell’ammontare del trattamento di fine rapporto annualmente destinato a forme pensionistiche complementari; > esonero dal versamento del contributo al fondo di garanzia (ex articolo 2 della Legge n. 297/1982), pari allo 0,20% della retribuzione annua, nella stessa percentuale di TFR maturando conferito nelle forme pensionistiche complementari; > riduzione dei contributi minori (ex D.L. 203/2005) tramite l’esonero dal versamento dei contributi sociali alla Gestione prestazioni temporanee dell’INPS (per ciascun lavoratore e nella stessa percentuale di TFR versato alla previdenza complementare) in misura dello 0,28%. A queste tre misure espressamente previste dalla normativa va inoltre aggiunto un beneficio indiretto, ovvero la mancata rivalutazione del TFR secondo quanto previsto dall’art. 2120 del Codice civile (1,5% + 75% dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati). Nel caso in cui l’azienda versi al fondo pensione anche una quota a proprio carico (secondo quanto previsto dal CCNL di riferimento o da specifico accordo aziendale) va ricordato che quest’ultimo importo è interamente deducibile in quanto considerato voce di costo per l’impresa.

 

ESEMPIO NUMERICO PER COMPRENDERE IN CONCRETO I VANTAGGI

 

Azienda con 10 dipendenti, retribuzioni totali annue 300.000 €, TFR maturato annuo 20.730 €, 100% destinato alla previdenza complementare.

Risparmio fiscale (IRES) Riduzione reddito d’impresa 6% del TFR trasferito  € 298,51

Esonero del contributo al Fondo di garanzia TFR 0,20% imponibile contributivo 600 €

Riduzione contributiva ex D.L. 203/2005 0,28%  840 €

Totali 1.738,51 € 

A fronte dei benefici previsti va anche quantificato il maggior onere che eventualmente deriverebbe dall’accesso dell’azienda ad un credito bancario per compensare il mancato utilizzo del TFR quale forma di finanziamento. Applicando un costo medio del denaro pari al 3,5%, come rilevato da Bankitalia nel 2020 per i prestiti fino a 250.000 €, si ottengono interessi passivi pari a 725,55 €.

Nell’ipotesi sopra considerata le misure compensative previste permetterebbero di ottenere un beneficio pari a 1.738,51 €, a cui si aggiungerebbe il mancato onere di rivalutazione del TFR di 621,90 €. Sottraendo l’eventuale maggiore costo di finanziamento pari a 725,55 € l’azienda beneficerebbe di una compensazione per il trasferimento del TFR alla previdenza complementare di 1.634,86 €. Le misure previste appaiono dunque sufficienti a compensare il datore di lavoro, permettendo di ottenerne un beneficio immediato. Qualora il datore di lavoro versi una quota a carico dell’azienda per le adesioni di tipo collettivo (secondo quanto previsto dal CCNL di riferimento o da specifico accordo aziendale) tali benefici riducono l’effettivo onere da sostenere.

In conclusione i dipendenti otterrebbero, per loro conto, notevoli vantaggi fiscali ma devono rispettare delle regole più rigide per quanto riguarda anticipazioni e riscatti.